Seleziona una pagina

Per molti, il vero Franco Battiato non è quello delle hit come Centro di gravità permanente o La cura, ma quello degli anni ’70: elettronico, sperimentale, lontano dal successo commerciale. Un artista che non cercava l’approvazione, ma la verità.

«Ho chiesto molto a quelli che mi seguono», disse in un’intervista a Repubblica. «Non mi interessano le conferme, essere rassicurante per il pubblico. Se fai questo, tradisci il tuo ruolo». Per Battiato, l’unica cosa che contava era la ricerca esistenziale, un cammino che lo ha portato oltre la musica, fino alla mistica, alla filosofia, alla spiritualità.

La critica? «Me ne sono sempre fregato». La sincerità, invece, era sacra. Ma sempre con grazia, con formula, con garbo. Eppure, anche la sincerità può essere urticante. Come quella volta in cui, dopo un concerto affollatissimo nel 1980, Dario Fo gli disse: «I tuoi testi non mi piacciono». E lui rispose, con disarmante lucidità: «E a me che c*zzo me ne frega?».

Una risposta che non era arroganza, ma coerenza. Perché Battiato non è mai stato al servizio del gusto comune. È stato, semplicemente, al servizio della sua verità.