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La sentenza: la vigilanza del preposto non è un obbligo formale

Con la sentenza n. 32520/2025, la Corte di Cassazione – Sezione IV Penale ha affrontato un caso in cui un preposto era stato accusato di omissione di vigilanza per non aver impedito un infortunio occorso a un lavoratore durante l’uso improprio di una scala a pioli.

Il lavoratore, salito a cavalcioni su una scala doppia per pulire delle finestre, senza alcuna assistenza da parte di un collega, aveva perso l’equilibrio cadendo e riportando gravi lesioni.
Il preposto, secondo l’accusa, non aveva garantito il rispetto delle norme di sicurezza previste dal D.Lgs. 81/2008.


Il ruolo e la posizione di garanzia del preposto

L’art. 2, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 81/2008 definisce il preposto come la figura che, “in ragione delle competenze professionali e nei limiti dei poteri gerarchici e funzionali, sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione”.

La posizione di garanzia impone quindi al preposto un dovere di vigilanza attiva e costante sull’operato dei lavoratori, con poteri e responsabilità dirette in materia di prevenzione degli infortuni.

Ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. a) e seguenti, il preposto deve:

  • vigilare sull’osservanza delle misure di sicurezza;

  • verificare che solo i lavoratori formati accedano alle zone a rischio;

  • richiedere l’attuazione delle misure di prevenzione;

  • informare tempestivamente in caso di pericolo grave e immediato;

  • astenersi dal richiedere la ripresa dell’attività in presenza di deficienze strutturali o strumentali.


Le difese: iniziativa autonoma o comportamento abnorme del lavoratore

Il difensore del preposto sosteneva che:

  • il lavoratore avesse svolto attività non previste dal piano operativo di lavoro;

  • la condotta fosse autonoma e imprevedibile, tale da interrompere il nesso causale;

  • la scelta di operare in modo rischioso fosse abnorme e quindi escludesse ogni responsabilità del preposto;

  • fosse ingiustificata la condanna al risarcimento dei danni.


La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando la condanna.
Secondo i giudici, il preposto mantiene una posizione di garanzia anche in presenza di comportamenti imprudenti del lavoratore, a meno che l’azione non sia del tutto estranea e imprevedibile rispetto alle mansioni affidate.

La Cassazione ha ribadito che:

  • la vigilanza del preposto deve essere effettiva e continua, non meramente formale;

  • la sua responsabilità permane se l’evento lesivo rientra nell’ambito dell’attività lavorativa di sua competenza;

  • la condotta del lavoratore può considerarsi “abnorme” solo quando risulta imprevedibile e del tutto estranea al contesto operativo.

Nel caso concreto, l’attività del lavoratore – seppure imprudente – era inerente al lavoro affidato (pulizia delle finestre) e quindi non tale da interrompere il nesso causale tra la mancata vigilanza e l’infortunio.


Il principio confermato

La sentenza n. 32520/2025 consolida un principio ormai costante:
il preposto è responsabile ogni volta che un infortunio si verifica in un contesto operativo che rientra nel suo potere di controllo.
L’obbligo di vigilanza, in quanto parte integrante della sua posizione di garanzia, non viene meno per condotte colpose o disattenzioni dei lavoratori.


In sintesi

La Cassazione ribadisce che:

  • la vigilanza del preposto è un obbligo sostanziale, non meramente burocratico;

  • la colpa del lavoratore non esclude automaticamente la responsabilità del preposto;

  • solo un comportamento abnorme e imprevedibile può interrompere il nesso di causalità.

Il preposto, dunque, rappresenta l’anello chiave tra datore di lavoro e lavoratori nella catena della sicurezza.

fonte: cosmocostruzioni.it